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Stasera il secondo appuntamento del Dicembre Sacro di Salerno Classica con Haendel

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Secondo appuntamento per il Dicembre Sacro di Salerno Classica, promosso dall’Associazione Gestione Musica, guidata dal cellista Francesco D’Arcangelo, che la porta a spaziare tra i diversi generi musicali e prestigiosi ospiti, puntando a recuperare i valori della musica in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, che ha portato la direzione ad ottenere il finanziamento dal Fondo unico per lo Spettacolo per un triennio. Stasera, domenica 22 dicembre nella Chiesa di San Benedetto, alle ore 19,30, in un concerto in collaborazione con la “Fondazione Comunità Salernitana”, presieduta da Antonia Autuori verrà eseguito un sunto della prima e seconda parte che si concluderà con il celeberrimo Alleluja dell’oratorio “Messiah” di George Friedrich Haendel, con i solisti, coordinati dall’Associazione La Fabrica Harmonica, che saranno il soprano Annalisa Pellegrini, il mezzosoprano Aleksandra Papenkova, il tenore Roberto Mattioni e il basso Nicola Ciancio, con i cori “Casella” ed “Estro Armonico” diretti da Caterina Squillace ed Eleonora Laurito e l’Ensemble Salerno Classica, tutti diretti da Francesco D’Arcangelo. Sulle “ceneri” dell’interrotto sodalizio di Haendel con l’opera nasce il Messiah HWV 56 nel 1741, anno all’insegna di grandi sommovimenti nella vita del compositore tedesco che dà l’addio alle scene melodrammatiche concludendo, con la messinscena della Deidamia, un’esperienza strepitosa e contraddittoria. L’oratorio in tre parti per soli, coro e orchestra è concepito nel corso dell’estate, in un breve lasso di tempo; una manciata di settimane basta a Händel per allestire una partitura alla quale il suo nome è indissolubilmente legato. Il 22 agosto ha inizio l’impresa che si conclude il 14 settembre, le tre parti della monumentale pagina sono datate rispettivamente 28 agosto, 6 e 12 settembre.

La folgorante scrittura è alimentata dal testo approntato da Charles Jennens, già redattore dei testi Saul (1738) Israel in Egypt (1738) L’Allegro, il Pensieroso ed il Moderato (1741), su materiali tratti dalla Bibbia di re Giacomo nota in Inghilterra come Authorized Version – l’edizione contiene la traduzione ufficiale delle Sacre Scritture secondo l’interpretazione della chiesa inglese dopo lo scisma da Roma – e dal Book of Common Prayer che riunisce testi di quotidiana devozionalità. L’intellettuale assembla i vari materiali preesistenti pervenendo ad un equilibrato e ben congegnato prodotto. Le prime pagine offrono un impatto assai forte e introducono a una partitura che sarà all’insegna della varietà; per le diverse arie il Sassone ricorre a tutto il campionario formale, da quelle bipartite a quelle tripartite con da capo e dal segno, da quelle in sezioni giustapposte a quelle che avviate dal solista sono poi concluse dal coro. Non sorprendono pagine ascrivibili ai più collaudati ritrovati melodrammatici, come nell’aria AA’B dal segno (AA’ senza il ritornello strumentale iniziale). L’amplificazione di immagini è affidata alle magie melismatiche copiosamente contenute nei ricchi “bauli” degli artisti, sia per lumeggiare occorrenze “pittoriche” sia per descrivere impalpabili affetti, senza tralasciare quei passaggi poetici che nell’economia drammatica meritano un respiro maggiore. A tal proposito si rinvia al «born» contraddistinto da fioriture nel coro «For unto us a Child is born». Per questa pagina corale Händel ricorre alla pratica dell’autoimprestito utilizzando il recente materiale del duetto No, di voi non vo’ fidarmi, HWV 189, ma a questo costume, assai invalso al tempo, deve alcune pagine il Messiah. Si pensi, tra l’altro, al duetto Quel fior che all’alba ride HWV 192 (nei cori «And He shall purify» e «His Yoke is easy»), alla Sonata a tre in do maggiore HWV 403 e al duetto Se tu non lasci amore HWV 193. Il coro «For unto us a Child is born» apre la sezione conclusiva della prima parte e introduce al magico brano strumentale contraddistinto dal titolo Pifa. Questa pagina pastorale in 12/8, la cui melodia è di chiara ascendenza italiana (come non ravvisare il baluginare di melodie natalizie tuttora familiari?), inaugura l’unico segmento testuale storico che narra della nascita di Gesù. Lo stile pastorale ricompare dopo poco nel duetto «He shall feed His Flock like a Shepherd». La successione recitativo semplice – recitativo accompagnato – recitativo semplice – recitativo accompagnato – coro – aria – recitativo semplice – duetto – coro scandisce i momenti salienti di questa narrazione con quella sapienza che è la cifra dell’autore: la notte santa si materializza in uno sfavillante volo di angeli e di sonnolenti pastori che attoniti partecipano alla gloria celeste. Il brano è in climax ascendente e la prima sezione culmina nel grande coro «Glory to God», dove compaiono nell’organico le trombe. Lo svanire delle schiere angeliche è pressoché evanescente nell’assottigliarsi dell’organico strumentale a cui segue la lussureggiante aria (per la prima volta appare nella sua forma più articolata) del soprano «Rejoice greatly». Dopo il duetto, in cui ritorna il carattere pastorale, la prima parte si chiude con il festoso coro «His Yoke is easy». La seconda parte è pregnante per i tempi che stiamo purtroppo vivendo, in questo nostro mondo seviziato da guerre e morte. Why do the nations so furiously rage together, why do the people imagine a vain thing? The kings of the earth rise up, and the rulers take counsel together against the Lord and against His anointed.” (Salmi, 2.1-2)“Perché mai tumultuano le genti e le nazioni ordiscono trame fallaci? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e il suo Unto.” (Salmi, 2.1-2). Questa è una delle più belle pagine per basso dell’oratorio. Note ribattute introducono il solista, una melodia robusta in forma ascendente vuole rappresentare il ‘tumulto’ delle genti cui allude il testo, e vocalizzi di terzine fiammeggianti alludono alla ‘furia’ (‘furiosly’) della rabbia che qui viene descritta. il musicista avvia la partitura seguendo strategie sopraffine che vanno dall’austero uso della forma dell’ouverture francese per la Sinfony con la sezione d’apertura Grave contraddistinta dalla scrittura omofonica degli archi su ritmo puntato, il cui solenne inizio è succeduto da un tempo Allegro moderato con una fuga avviata dal violino I e che al termine torna riprendendo le tre battute del Grave iniziale, al recitativo del tenore suddiviso in due segmenti rispettivamente arioso e accompagnato; da sottolineare sono le note lunghe adoperate per il lemma «comfort» che preludia alla stessa soluzione di «plain» dell’aria seguente. L’aria «Ev’ry valley» è nella forma AA’ e presenta lunghi melismi su «exalted» nonché altre soluzioni “descrittive” quali il menzionato «plain» e «low» per cui ricorre a note lunghe solo a volte leggermente fiorite. Il coro nell’opera di Händel gioca un ruolo fondamentale, non solo come elemento di supporto, ma come protagonista in grado di esprimere una ricchezza stilistica e una profondità emotiva straordinarie. La maestria con cui Händel amalgama diversi linguaggi musicali e tecniche compositive è evidente nelle sue pagine corali, dove il contrappunto tedesco si intreccia con la tradizione dell’anthem inglese, creando un dialogo fluido e innovativo. Un esempio lampante di questa alchimia musicale è l’«Allelujah!», il celebre finale del Messiah. In questo brano, Händel mostra una varietà di soluzioni stilistiche che spaziano dall’imitazione alla scrittura omofonica, dalla forma mottettistica alla fuga, fino a giungere a una sintesi di materiali espressivi già presentati in precedenza. Questo approccio dinamico non solo arricchisce il tessuto musicale, ma coinvolge anche l’ascoltatore in un’esperienza multisfaccettata, in cui ogni sezione del coro contribuisce a creare un’architettura sonora complessa e affascinante. Il successo duraturo del Messiah può essere attribuito a questa capacità di Händel di fare da ponte tra diverse tradizioni musicali e culturali, rispecchiando le pratiche di drammatizzazione del sacro presenti nelle varie religioni cristiane. Inoltre, la sua abilità nel coniugare elementi sacri e profani ha reso la sua musica accessibile e apprezzabile da un vasto pubblico, permettendo al Messiah di mantenere la sua rilevanza e popolarità nel corso dei secoli. In questo modo, Händel non solo ha creato un capolavoro musicale, ma ha anche contribuito a costruire quel ponte di note sul quale la musica afferra il presente, lo ripartisce e lo costruisce conducendoci verso il tempo della vita.

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